L'ultimo giorno di scuola e come al solito arrivo in ritardo...
E' strano questa volta non c'è la solita tristezza nell'aria, quella ostentata allegria perchè "oggi è l'ultimo giorno". C'è soltanto ansia e nervosismo, lo percepisco sottile come un filo di nilon... C'era da aspettarselo, visti tutti i litigi che sono scoppiati durante l'anno. Ci si punzecchia con battutine ironiche sulle medie dei compagni, e si fanno commenti poco gradevoli su quelli che non sentono. Questa è una quinta superiore che va all'esame di maturità?
Durante lo stress di questa mattina, mi metto d'accordo con alcune compagne per andare a mangiare un gelato nel pomeriggio. Con loro vado d'accordo, non credo potrei mai litigarci. Finisce la scuola... Suona la campanella.
Mi sale la nostalgia, ma si spegne subito quando mi si avvicina quel mio compagno grasso e petulante per darmi un bacio e dirmi;
"Stammi bene!".
Credo di non essere mai stata così ipocrita come nel momento in cui gli ho risposto
"Anche tu e studia per l'esame!", a dargli il bacio il mio stomaco si è rivoltato come una tasca di pantalone.
Tornata a casa sono riuscita comunque a pranzare, mio padre non c'era nemmeno oggi in casa, "ancora a lavoro" pensai con lo stesso tono rassegnato e leggermente divertito che usava mia madre nel comunicarmelo.
Mio padre lavora come pubbliccitario in una grande azienda, non mi stupiva che doveva sempre essere trattenuto a lavoro per finire i progetti.
Era ora di uscire per ritrovarmi con le mie compagne di classe.
Ero leggermente in anticipo, sul pullman me ne resi conto. Ascoltavo la musica, non so perchè ma non mi andava di leggere oggi. Il solito paesaggio scorreva placido fuori dal finestrino, le macchine superavano e si disperdevano.
Ci fermammo a un semaforo. Il rosso durava un'eternità quel pomeriggio. Spostai lo sguardo sulle macchine accostate al pullman in attesa. Una macchina come quella di papà, pensai. Ma non poteva essere la sua sopra c'era una donna bellissima, che rideva aprendo esageratamente la bocca macchiata di rossetto rosso.
Perchè non distolsi lo sguardo quando la trovai volgare? Per un brutto scherzo del destino restai a fissarla. E il tempo si fermò in un istante.
Perchè, quella era la macchina di mio padre, ed era lui l'uomo che la faceva ridere infilandogli la mano sotto la gonna e ora... la baciava sulle labbra, come mai l'avevo visto fare con mia madre. Mia madre, che gli stirava perfettamente le camice, gli preparava la colazione a letto e gli dava una casa pulita e accogliente dopo una giornata di lavoro. Mi apparve la sua immagine, lavava i piatti e con tono rassegnato e leggermente divertito mi diceva
"Ancora lavoro..."
Quanto amare furono quelle parole.
Il verde finalmente scattò, tutto riprese a muoversi, tranne me che intontita restavo a fissare il vuoto... Mi sentivo male. Il respiro inizio a farsi difficile e la temperatura salì indecentemente. Luci colorate mi annebbiarano la vista e mi sono ritrovata qui dottoressa.
"Credevo fosse un calo di zuccheri... Ma credo che tu abbia subito una sorta di shock. Dirò ai tuoi genitori che puoi già tornare a casa..."
La dottoressa le strinse la mano, come per solidarietà ma Hinako gliela afferrò con forza.
"Cosa devo fare?? Devo parlare? cosa devo fare!?"
Si mise a piangere.
"Fai ciò che ti fa stare meglio."
La dottoressa uscì e dopo pochi minuti entrarono i genitori. La madre la strinse e il padre la baciò sulla fronte. Hinako vomitò.
"Vado a chiamare la dottoressa!"
Disse il padre risoluto. La madre le restò accanto e la sostenne come poteva.
"Amore mio.. Ci siamo preoccupati tantissimo! Papà ha pure lasciato il lavoro prima per venire al pronto soccorso..."
"Mamma..."
"Cosa amore?"
"Devo dirti una cosa..."
E' una storia interessante, ci saranno sviluppi?
Ah, già! Festeggiamo la nascita del nuovo blog! Euuiua (come direbbe Martufello)